mercoledì 25 marzo 2009

La Torino post industriale

La rivoluzione industriale portò ad una profonda ed irreversibile trasformazione che partì dal sistema produttivo fino a coinvolgere il sistema economico e quello sociale. Dalla Londra della metà del XVIII secolo, le innovazioni tecnologiche, che svilupparono un nuovo sistema di produzione, si diffusero in Europa e negli Stati Uniti d’America determinando un radicale cambiamento nei modi e nelle condizioni di creazione dei beni manifatturieri. Una delle più importanti conseguenze della rivoluzione industriale è stata l’aumento demografico che, accompagnato da un’intensa urbanizzazione, portò alla nascita di un nuovo tipo di città: i contadini, che abbandonarono le campagne per lavorare nelle fabbriche, diedero origine a grandi sobborghi a ridosso delle città nei quali si ammassava il sottoproletariato. I quartieri che si venivano a formare erano malsani e malfamati e le condizioni di vita per decenni rimasero spesso al limite della vivibilità.
G.DORE, Quartiere operaio nel centro di Londra. 1872

Il filosofo e sociologo tedesco Ralph Dahrendorf nel 1964 teorizzò quelli che sono stati i fattori che hanno determinato il passaggio dalla società industriale a quella post industriale. L’anno seguente, Daniel Bell, sociologo statunitense, aggiunse alle cause individuate dal collega europeo, ulteriori motivi che hanno caratterizzato questo nuovo sconvolgimento della società: l’emergere della classe media, lo sviluppo del settore terziario, la caduta della centralità dell’industria con la conseguente crescita della centralità del sapere tecnico e manageriale, la fine delle ideologie e sviluppo del benessere e quello dell’informazione.

Questa nuova epoca viene definita spessa come post industriale. Tale termine mi sembra improprio dato che l’industria si trasforma ma non scompare: grazie all’automazione il numero degli operai è decisamente diminuito ma l’industria rimane un elemento portante della società e dell’economia. Risulta invece opportuno vedere come la città è cambiata in seguito a questi mutamenti epocali passando dalla metropoli industriale al superamento di questa.

La città programmata per funzioni elementari fisicamente distinte (residenza, produzione, terziario, servizi) è un procedimento che poteva funzionare durante l’epoca industriale ma per la città post industriale è un procedimento inadeguato a esprimere i molteplici processi innovativi. Esiste oggi una nuova concezione di città: cambiano i contenuti della vita urbana e quindi devono cambiare i contenitori. Frammentazione, edonismo e la ricerca della bellezza sono le principali caratteristiche della civiltà postmoderna cambiando in tal senso anche i modelli architettonici: l’architettura si trasforma in seducente forma di comunicazione.

È un’architettura che fa riferimento all’era elettronica di oggi, non all’era industriale di ieri: la nostra è l’era postindustriale. Un’ architettura che adotta la tecnologia dei LED, i cui pixel diventano le tessere mobili e mutevoli del mosaico del nostro tempo e la cui tecnologia elettronica è esteticamente adeguata all’aspetto multiculturale che contraddistingue la nostra epoca e che è in grado di darle benessere e tolleranza, è un’architettura che riconosce di nuovo un ruolo centrale dell’arte in quanto comunicazione ed è conscia di una qualità essenziale del nostro tempo, che è il pluralismo”. R. VENTURI, “Verso un’architettura culturalmente tollerante”, Domus, n.816, giugno 1999, p.2.

Agbar Tower, Barcellona

Proprio da queste nuove concezioni nasce il riscatto della capitale sabauda: grazie all’idea visionaria e suggestiva di alcuni capaci di seguire i cambiamenti della città, le fabbriche abbandonate di Torino sono potute diventare delle nuove centralità come università, laboratori, enti fieristici, musei e teatri. Il vero cambio di pelle di una città che si scolla di dosso il suo passato industriale bisogna leggerlo a partire dal Lingotto: un tempo colosso lontano dal centro e destinato alla produzione in catena di montaggio, oggi è un gigantesco luogo di ritrovo per funzioni pubbliche e collettive.


Immagine contenuta nel sito www.flickr.com, autore semaone, gentile contrappunto

A fianco alla città in cui si stanno producendo sempre meno automobili sta sorgendo una metropoli futuristica: i grattacieli che sorgeranno modificheranno profondamente lo scheletro architettonico di Torino tracciando un’identità fisica e culturale diversa da quella che conosciamo. Tuttavia, la città del futuro, io vorrei immaginarla così…

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giovedì 19 marzo 2009

Comunicare ovunque con chiunque

Dopo le migliaia di anni di era agricola e dopo i centocinquanta dell’era industriale, Alvin Toffler ipotizzò, nel suo testo La terza ondata del 1980, l’arrivo dell’era informatica. Studiando i mezzi di comunicazione e il loro impatto sulla compagine sociale e il mondo della cultura, il “futurologo” Toffler divise le tre età a seconda della tipologia dei mezzi di comunicazione.

La prima ondata è quella degli old media ovvero l’era della scrittura e della stampa. Molti secoli dopo l’invenzione della scrittura, avvenuta nel terzo millennio a.C., arrivò nel XVI secolo la rivoluzione della stampa che iniziò a favorire la circolazione dell’informazione modificando radicalmente il volume del sapere anche se il modo di comunicare a distanza restò fondamentalmente lo stesso del periodo della scrittura.

La seconda ondata è segnata dalla rivoluzione industriale che, grazie alle innumerevoli innovazioni tecnologiche, soddisfò le esigenze di comunicare a distanza in tempi veloci. Invenzione come il telegrafo, la radio, il telefono, il cinema e la televisione, tra fine Ottocento ed inizio Novecento, consentirono di inviare lo stesso messaggio ad un numero elevato di destinatari contemporaneamente. Per queste ragioni si parla di mass media: dal sapere limitato e riservato ad un elite, nel periodo predente, all’accesso di massa alle informazioni. Comunicare a distanza spaziale in tempo reale annulla le lontananze così che anche la percezione dello spazio si modifica azzerando quelle distanze che un tempo sembravano insormontabili. Il villaggio globale inizia a prendere forma.

I self media sono l’apice del processo di trasformazione: con l’avvento di internet, dei cellulari e del satellitare ci sono nuovi e potentissimi mezzi di comunicazione che consentono un uso più personale e autonomo del media. La comunicazione torna dunque ad essere principalmente “uno a uno” ma contemporaneamente tutti vi hanno accesso sia come destinatari che come mittenti fruendo delle informazioni sulle rete ma anche immettendone. Il progresso tecnologico della fine del secondo millennio ha reso le macchine per comunicare sempre più potenti e sofisticate rendendole contemporaneamente anche piccole, maneggevoli ed economiche. La possibilità di intrecciare le tecnologie fra di loro ha diffuso la multimedialità ovvero oggi è possibile avere nello stesso messaggio informazioni formulate in più codici. Tale multimedialità, già nata nell’epoca dei mass media quando alle immagini in movimento del cinema venne aggiunto il sonoro, nella terza ondata è diventata un carattere fondamentale della comunicazione in così tanta rapida espansione da rendere possibile una “telefonata” tra non udenti! Il processo di abbattimento delle barriere spazio-temporali, che si era già attivato con la seconda ondata, nell’epoca dei self media è stato quindi portato alle estreme conseguenze rendendo possibile comunicare ovunque con chiunque.

Come riscontro di ciò che è stato analizzato prendendo spunto dalle riflessioni di Alvin Toffler, si noti come, nell’epoca in cui viviamo, ciò che più conta è la conoscenza: il potere è nelle mani di chi ha maggiori conoscenze o può controllare il flusso delle informazioni.


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domenica 15 marzo 2009

Uniamo le energie

La mia passione per i Subsonica, gruppo musicale italiano di synth rock, mi ha portata alla conoscenza di un progetto ambizioso proposto dalla Regione Piemonte. Il 24 Maggio del 2008, con un concerto a Torino, in Piazza Vittorio, dove la storia personale del gruppo è cominciata con i primi incontri sotto i portici di via Po, i Subsonica hanno abbracciato il progetto uniamo le energie: il Piemonte vuole diventare primo motore ecologico italiano. Ridurre i consumi di energia primaria del 20%, abbattere il livello dei gas serra del 20% rispetto al 1990 e coprire almeno il 20% del fabbisogno mediante l'uso di fonti rinnovabili sono i tre macro-obiettivi che entro il 2020 il Piemonte vorrebbe raggiungere.

Parallelamente alla “guerra di indipendenza dal petrolio” si è aperta la battaglia contro il nucleare: l’appello di Legambiente per un sistema energetico moderno, pulito e sicuro e contro il ritorno al nucleare è stato abbracciato dai Subsonica che hanno “messo la faccia” per sostenere che l'energia nucleare è tutt'altro che pulita, economica e abbondante così come qualcuno tenta di farci credere. Con due concerti No Nuke, uno a Roma e uno a Torino, è iniziata la campagna di sensibilizzazione del target giovanile.

Ecco la crisi: quella energetica e quella ambientale che hanno portato e porteranno ad altre crisi. Sono anni che si è a conoscenza di queste problematiche ma solo oggi, in Italia, pochi illuminati si stanno muovendo verso la giusta direzione: niente petrolio o gas naturale, sempre più scarsi e costosi, niente carbone perché inquinante ed ovviamente niente energia nucleare. La salvezza bisogna ricercarla nelle ricchezze che la natura possiede sotto forma di energie rinnovabili prodotte dalla grandissima forza del sole e del vento.

Ognuno di noi nel suo piccolo deve operare affinché gli obiettivi di risparmio energetico vengano soddisfatti nel più breve tempo possibile ma, la prima figura che deve ripensare al suo modo di operare, è l’architetto che deve prendere dei seri provvedimenti per “rifare” la presenza umana sulla terra alimentando il mondo col sole ed eliminando i rifiuti.


Nel Novebre del 2007, con l'ultimo album "L'Eclissi", i Subsonica parlano del nostro terribile presente. Il primo singolo, "La Glaciazione" sintetizza l'album con il suo esplicito messaggio di denuncia della nostra sazia e spenta civiltà ed il video, del regista Marco Gentile, sottolinea l'assordante nulla. Per chi fosse interessato ecco il sopraccitato video.



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